MARIA GRAZIA ROMANO

NON POSSIAMO NON ESSERE ACCOGLIENTI: IL VOLONTARIATO A PORTA APERTA, PER RIMANERE UMAN

Lei è Maria Grazia Romano, nostra volontaria presso L’Arca Charity Shop in via dei Servi 24, il nostro negozio di chicche vintage in centro a Modena.

di Laura Solieri

Maria Grazia racconta che per lei l’accoglienza è prima di tutto uno stile di vita, un atteggiamento a cui è possibile educare ed educarsi, fino a diventare consapevolezza sociale e politica.

Un esercizio dal quale partire e fare memoria di tutte le volte che noi stessi siamo stati accolti o, al contrario, respinti nei vari contesti di vita, nei gruppi che abbiamo frequentato, non importa quale fosse la ragione che ci faceva percepire come diversi agli occhi degli altri.

“Io stessa – racconta Maria Grazia – figlia di genitori meridionali venuti a lavorare a Modena negli anni Sessanta, ho sentito tante volte la sofferenza della discriminazione e del pregiudizio sulla mia giovane vita. Ecco è il ricordo di quel dolore che abbiamo vissuto e di quella stima che poi ci ha rimesso in moto, che ci fa dire che non possiamo “non essere accoglienti”.

Maria Grazia Romano, 65 anni, pensionata, racconta di conoscerePorta Aperta da quando è sorta, ne ha seguito nel tempo i cambiamenti, “sempre sono stata consapevole, come molti cittadini modenesi, del suo ruolo fondamentale accanto ai più poveri ed emarginati; da gennaio 2019 ne faccio parte come volontaria che svolge il suo servizio presso il negozio L’Arca charity shop in via dei Servi.

Il lavoro di noi volontarie – spiega Maria Grazia – è quello di affiancare la responsabile del negozio nella sistemazione degli abiti e degli oggetti che arrivano dal capannone e di accompagnare le persone nella loro ricerca e scelta di abiti, biancheria, oggetti; due competenze dunque, una organizzativa e materiale, l’altra relazionale.

E’ per questo che le ore all’interno del negozio sono intense, poichè l’affluenza delle persone è sempre alta in tutti i periodi dell’anno, ma allo stesso tempo leggere, per i numerosi racconti di vita che con molti si intrecciano”.

Con coloro che frequentano il negozio i nostri volontari condividono molte cose, non sempre esplicitamente, ma con convinzione e questo fa di noi una piccola comunità: l’attitudine al non sprecare, la cultura del riutilizzo creativo di ciò che già è stato usato, una spesa che sia sostenibile anche per le persone più povere che sono davvero tante e sempre meno invisibili.

“E’ bellissimo incontrare papà che inviano nei loro paesi di origine vestiti per i loro piccoli lontani e che chiedono consiglio sulle taglie; talvolta anche persone che chiedono l’elemosina in giro per la città, entrano e riscoprendo la loro dignità, calpestata normalmente dalla povertà, si concedono una camicia o un paio di pantaloni, ma solo quando sono in svendita a prezzo ribassato di un euro e cinquanta – dice Maria Grazia – Poi ci sono i ragazzi che riscoprono con gioia lo stile degli anni 70\80 in una giacca “vintage”; badanti che inviano biancheria e borse alle loro famiglie lontane.

Con tutti si ha qualcosa da condividere: un saluto caloroso, un sorriso soddisfatto per ciò che si è trovato a poco prezzo, certo, ma che sa rinnovare il nostro aspetto e dunque anche il nostro umore, una cultura della spesa sobria e contenuta, ma per tutti. Alcuni entrano, guardano e poi rimandano l’acquisto perché non possono permettersi neppure un paio di scarpe usate.

In negozio si vive l’esperienza dello “stare con i piedi per terra” e capisci col tempo che non puoi più fare a meno di questa immersione nella realtà più difficile e disagiata di tante persone, se vuoi rimanere umano.

L’accoglienza è reciprocità – conclude Maria Grazia – è offrire agli altri ciò che noi stessi abbiamo ricevuto, o che potremo ricevere in futuro da chi incontriamo sul nostro cammino. In negozio non c’è il tempo per pensare…Ma quando torni a casa senti che un passo avanti nella comprensione del tempo che sei chiamato a vivere l’hai compiuto. E attendi il nuovo “turno” di servizio con una rinnovata e più attenta consapevolezza”.

ELENA LANCELLOTTI

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